Il perdonare è un atto prettamente innaturale, forse solamente limitato alla sfera umana. Probabilmente non esiste come concetto o come gesto vero e proprio in nessun altro animale perché nessun animale commette qualche cosa che poi richieda un gesto di perdono: una leonessa non ammazza uno gnu e poi pentita gli chiede scusa o perdono! Perciò il perdono e il perdonare sono attività mentali e comportamentali tipiche degli uomini e sono delle tipicità proprie di alcune religioni più che altre. Infatti, per esempio, il perdono e il perdonare sono atti e gesti tipicamente cristiani e che costituiscono buona parte di tutto l’impianto teologico.
La recente strage di Erba è un esempio di cosa succede ad una piccola comunità dopo un evento così drammatico e delittuoso e di come in definitiva si cerchi come primo gesto conseguenziale, l’atto del perdono. La cosa può generare un dramma nel dramma. La tragicità di un evento genera immediatamente un senso profondo di sgomento e successivamente di torpore, di vuoto esistenziale: una sonnolenza soporifera che si vorrebbe cancellare immediatamente insieme a quello stesso atto che in definitiva l’ha generata. Un senso di non ricordo che cancelli la crudeltà subita e che riporti lo status ante: una situazione che annulli il turbamento.
In questo contesto il perdono sembra essere una sorta di interruttore che accende e spegne la situazione di disperazione e che riporti immancabilmente la calma e la quiete, indipendentemente da quando e quanto sia stata crudele, tragica e drammatica la vicenda che ha determina la scelta di perdonare o meno. Perdonare significa dunque riportare lo status ante e questo ci permette in definitiva di ricominciare d’accapo, nuovamente. Per i cattolici, tanto per riferirci a quanto detto, è oltretutto necessario perdonare. Con il perdono si alleviano le proprie e le altrui penitenze.
Tuttavia è innegabile ammettere che comunque il gesto, la vicenda, l’atto c’è stato. E questo è uno dato di fatto. Anche dopo il gesto del perdono l’evento non può essere rimosso dal corso della storia, dallo stesso tempo che l’ha generato. Possiamo considerarlo soltanto minoritario, con un peso ed un carico di drammaticità minore di quello precedente all’atto del perdono stesso. Comunque sia, in quel particolare attimo spazio temporale qualcosa è successo e lo stesso gesto successivo ad esso rappresentato dal perdono e dal perdonare in definitiva ci dice che tutto ciò è vero e che è accaduto.
Ma se perdonare significa dunque alleviare il peso indotto alla nostra sfera personale, più o meno pesantemente, molto probabilmente questo sollievo potrebbe comunque esserci senza quel perdono riparatore. Il tempo, come si suol dire, cura le ferite e lo fa con o senza il perdono. E allora cosa serve e cosa significa perdonare? Per alcuni serve a tanto e anzi è necessario, per altri non ha importanza alcuna. Per altri ancora è un gesto-evento privo di significato: non esiste perdono e non si può perdonare, ma non perché la ferita inferta dall’azione non possa essere perdonata, ma perché perdonare non possiede significato alcuno.
Chiunque di noi genera durante la propria esistenza una scia di vita caratterizzata dal continuo succedersi degli eventi. Eventi che sono generati da ognuno di noi o che possono essere derivati da altri eventi generati da altre persone. Tutto questo produce una misteriosa interdipendenza che ci lega come fili di una stessa ragnatela. Come tale una piccola, quanto più piccola perturbazione, smuove la quiete di tutta la ragnatela: gli effetti di questa perturbazione sono più efficaci nella sua prossimità e meno sentiti mano a mano che ci si allontana da questo punto. Come succede con un terremoto: dall’epicentro la sua forza si dirama in tutte le direzioni ma contemporaneamente si affievolisce.
L’uccidere una persona è stato un gesto che comunque ha generato una azione. Questa causalità è addirittura indipendente da chi l’ha generata! E anche da chi l’ha subita. Non deve sembrare assurdo e incomprensibile una tal cosa specialmente se si priva il perdono e il perdonare del suo significato. Si poteva in ogni caso non uccidere, ma purtroppo è stato fatto e probabilmente lo è stato perché chi lo ha fatto doveva generare in quel preciso istante una azione causale. Ugualmente per chi è stato ucciso. E’ anche per lui stato un atto causale, cosicché omicida e vittima sono alla pari. Dovrebbero essere al limite perdonate entrambe.